Terza Tappa

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Madonna dell’Umiltà al sito della città romana di Mevaniola

L’itinerario:

La terza tappa del percorso ha inizio nel piccolo piazzale posto di fronte alla chiesa della Madonna dell’Umiltà. Dalla piazzetta si gode uno splendido panorama che spazia dal centro storico, alla gigantesca Rupe, ai campi coltivati, ai profili delle colline. Dopo aver visitato il piccolo edificio religioso, il visitatore può decidere se andare, attraversando il centro storico, verso la villa di Teodorico oppure continuare in direzione Sud fino a Mevaniola e a Pianetto. Lungo il percorso l’oratorio della Madonna del Ponte, la borgata di Mercatale e il sasso di Dante, le vestigia della città romana di Mevaniola.

Gli approfondimenti

La chiesa della Madonna dell’Umiltà

L’edificio religioso è stato edificato nella seconda metà del Seicento nei pressi di una celletta in cui si venerava una sacra immagine della Madonna, voluta dal pistoiese P.E. Bracciolini. La piccola chiesa fu costruita grazie alle elemosine dei fedeli nel terreno ceduto nel 1677 dall’abate commendatario di S. Ellero alla Comunità galeatese. Nel 1680 gli amministratori concessero, per ultimare il cantiere, le pietre, gli arredi e le campane dalla diruta chiesa di S. Rocco. Presenta una semplice facciata intonacata, ingentilita da eleganti elementi in arenaria attorno alla porta e alle finestre, recentemente consolidati e restaurati. All’interno presenta un bell’altare tardo barocco in stucchi che simulano marmi colorati; alla base dell’altare un elegante paliotto in scagliola con al centro la Madonna dell’Umiltà. All0ingresso accoglie i visitatori un severo fonte battesimale in arenaria recante, alla base, lo stemma della famiglia Satanassi.

La Rupe

“La grande rupe, una delle maggiori della Romagna (h=200 m; l=500 m) fronteggia Galeata dalla sponda destra del fiume, lungo il lato sudoccidentale del Monte Carpine. Si può dire che nel suo aspetto stratificato vengano riassunte le caratteristiche geologiche del territorio della vallata ed in generale dell’Appennino romagnolo. Appartiene infatti alla nota “formazione marnoso-arenacea romagnola”, costituita da ritmiche sedimentazioni di rocce sovrapposte , che mostrano un’alternanza di banchi di arenarie, marne (“galestro”), con presenza di siltiti ed argille e strati minori di un calcare marnoso noto con il nome di “colombina”. Al centro della Rupe spicca un’arenaria calcarea, conosciuta come pietra da costruzione con il nome di “albarese”,  chiamata dai galeatesi “la sega grossa”. Ai geologi è nota con il nome di “strato Contessa”. Secondo Mons. Mambrini il popolo riesce a prevedere la pioggia o il bel tempo in base ai rigagnoli d’acqua che scendono dalla parete rocciosa.

L’oratorio della Madonna del ponte

Mons. Mambrini scriveva nel 1935: “Abbiamo la prima memoria di questa chiesa nella visita che vi fece il vicario generale Ulisse Gentili il 7 ottobre 1667 (…) la porta della chiesa metteva anticamente sulla strada, che, rialzata, è posta a contatto colla finestra della chiesa stessa per mezzo di un ponticello. Da questa finestra i fedeli gettano le loro offerte nel pavimento della chiesa”. Esiste una vecchia cartolina in cui si vede il piccolo edificio religioso che si imposta direttamente sulla spalla dell’antico ponte che attraversava il torrente di Mercatale, minato dai tedeschi nel 1944.

Mercatale e il Sasso di Dante

Antica borgata, luogo privilegiato di mercati, conserva prestigiosi palazzi gentilizi, come il palazzo che fu dei Franceschi con annesso l’antico oratorio di S. Rocco. Curiosità del luogo è l’aver rappresentato una sosta nel peregrinare di Dante, come emerge anche da documenti d’archivio (il campione delle strade del 1778). In questo documento “si ricorda appunto la strada che passa da Mercatale dove è il Sasso di Dante (…)”. Ipoteticamente Dante potrebbe aver percorso “questa strada… andando dalla Romagna al Casentino. Sappiamo che Dante nel 1304 si dipartì da Forlì per andare ad Arezzo dal fratello Francesco da cui sperava aiuti pecuniari, non si sa se per sé o per un’impresa guerresca, dopo la sconfitta di S. Godenzo” (D. Mambrini, 1935). Nei pressi del Sasso troviamo un tabernacolo, forse nel luogo in cui sorgeva l’oratorio della Madonna di Mercatale.

L’alta valle del Bidente è ricca di memorie dantesche: il castello di Giaggiolo che appartenne a Paolo Malatesta, il castello del buon Lizio da Valbona, situato nelle vicinanze della direttrice che unisce la valle del Bidente a quella del Savio, l’abbazia di S. Ellero, che secondo la tradizione è stata visitata dal Sommo Poeta.

La città romana di Mevaniola

Il sito della città romana di Mevaniola è stato scavato a più riprese dalla Soprintendenza archeologica dell’Emilia-Romagna. Le ricerche hanno portato alla luce alcune strutture riferibili all’impianto cittadino: l’edificio termale (parzialmente visibile) e il piccolo teatro. Attualmente delle terme si possono vedere una sala rettangolare con abside (una vasca) e resti di condutture. Dagli scavi dell’edificio proviene la nota iscrizione a mosaico di Caesius (metà I sec. a.C.), attualmente conservata presso il Museo Mambrini. Il teatro (I sec. a.C.) non corrisponde ad un modello architettonico romano, ma si avvicina a modelli di tipo greco-ellenistici, in particolare nell’orchestra perfettamente circolare e tangente alla scena. Nel 1993 è stato indagato un settore della necropoli, i cui corredi (lucerne, balsamari, monili) sono esposti nel museo. Il nome Mevaniola ricorda l’antica Mevania, oggi Bevagna in Umbria, ma i rapporti fra le città e i due toponimi non sono ancora ben chiari.