Seconda Tappa

Home / Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa
Seconda Tappa

Il Parco archeologico di Mevaniola e della villa di Teodorico: dalla pieve di S. Pietro in bosco di Galeata, al palazzo del Podestà, all’abbazia di S. Ellero

L’itinerario:

La seconda tappa del percorso storico-archeologico parte dalla pieve di S. Pietro in Bosco. Da questo luogo si può decidere se andare verso il sito della villa di Teodorico oppure continuare in direzione Sud, attraverso il centro storico fino a Mevaniola e al Museo Mambrini di Pianetto. Dal piazzale della chiesa si riesce a cogliere la modifica dell’asse viario ottocentesco che ha comportato la costruzione di Via Cenno Cenni (su tale via si può ammirare l’ex complesso scolastico, oggi teatro, biblioteca e Centro culturale e l’ex casa del fascio, oggi sede del municipio). Attraversando la strada provinciale si imbocca Via Zannetti in cui emerge il seicentesco Palazzo del Podestà. Da qui è possibile percorrere la breve via Gallica (antica via del Chiasso) che scende al fiume Bidente oppure raggiungere l’abbazia di S. Ellero attraverso il sentiero pedonale delle Cellette (circa 50 minuti di cammino).

Gli approfondimenti

La pieve di San Pietro in Bosco

La pieve affonda le sue radici in età paleocristiana, come attestano alcuni elementi in marmo del VI-VII secolo d:c. conservati nel Museo civico. La chiesa è stata ripetutamente ricostruita dopo i danneggiamenti operati dai terremoti. Ne è singolare testimonianza l’epigrafe posta sulla sinistra della facciata che ricorda la riconsacrazione avvenuta nel 1194 al tempo di papa Celestino III e dell’abate di S. Ellero: Suavizio.

L’attuale aspetto gotico è il frutto dei restauri e delle ricostruzioni avvenute nel corso dei primi decenni del Novecento.

Nell’interno, a navata unica, troviamo ai lati altari rinascimentali in arenaria che conservano opere pittoriche di discreto interesse del XVII secolo: Una “Annunciazione di Jacopo Confortini e una “Madonna con Bambino e Santi”.

Il teatro comunale “Carlo Zampighi”

Il palazzo è stato costruito alla fine dell’Ottocento per ospitare le scuole; la sua ala sinistra è stata poi modificata nei primi decenni del Novecento per la realizzazione del teatro, inaugurato nel 1929. L’interno è decorato da pregevoli decorazioni in stucco. Per quanto riguarda la programmazione, il teatro ospita un’importante rassegna teatrale ed estende la sua offerta includendo spettacoli rivolti alle scuole e alle famiglie; permette, inoltre, la programmazione cinematografica nei fine settimana, senza dimenticare che la sala viene utilizzata anche per convegni e conferenze. Nel 2015 è stato intitolato al tenore forlivese Carlo Zampighi (1927-1997), che è stato amministratore del Comune di Galeata. Sotto il porticato trovano posto varie lapidi storiche che ricordano personaggi legati alla storia di Galeata: il medico Ferdinando Zannetti (1801-1881) che estrasse la nota pallottola dalla gamba di Garibaldi, il Sindaco Cenno Cenni (1828-1898), Pietro Cortesi caduto in Eritrea nel 1896.

Il municipio (ex casa del fascio)

L’edificio è stato costruito, per ospitare la casa del fascio e il comune, nel 1940 in puro stile razionalista su progetto  dell’ingegnere forlivese Arnaldo Fuzzi (1893-1974), lo stesso che aveva progettato la casa del fascio a Predappio.

Si tratta di un architettura di pregio, che ha subito purtroppo nel corso degli anni vari rifacimenti ed aggiunte di volumi (in particolare nella parte che si affaccia su via Castellucci, dove in origine doveva esservi un terrazzo per le cerimonie e le parate militari).

Dell’edificio doveva emergere la sapiente combinazione di lastre di travertino, che ancor oggi troviamo alla base di tutto il complesso e nello zoccolo della torre littoria, cemento e vetro nella grande finestra che orna la quasi totalità della torre. Doveva risaltare in particolare il contrasto dei colori: il rosso terranova si alternava al bianco.

Il giardino antistante con la fontana è il frutto di un intervento realizzato nel corso degli anni Cinquanta. Recentemente lo spazio è stato decorato con la tecnica del trencadis da un’opera collettiva a cura dell’artista Luigi Impieri.

Via Zannetti e Ferdinando Zannetti

Via del centro storico di Galeata fiancheggiata da loggiati, su cui si affacciano palazzi appartenuti a famiglie nobili galeatesi (molte dimore conservano gli stemmi gentilizi). Fra i palazzi da segnalare: Palazzo Cenni, nella cui facciata è murata una grande lapide a ricordo della visita del Granduca Leopoldo II di Toscana in occasione dell’inaugurazione del tratto della Traversa di Romagna che, dalla località di Ponticino, conduceva ai confini con lo Stato della Chiesa; il Palazzo dell’Opera Madonnina del Grappa, il seicentesco Palazzo del Podestà con la torre civica, posto in una atipica piazzetta triangolare, il palazzo della famiglia Zannetti con lo stemma, un leone rampante, e un’iscrizione che ricorda la visita del Granduca Pietro Leopoldo, ospitato dagli Zannetti nel 1777.

Il palazzo apparteneva alla famiglia di Ferdinando Zannetti (1801-1881), medico, chirurgo e politico che divenne famoso “per l’operazione che compì, dopo la battaglia di Aspromonte, nel 1862, coll’estrazione di una palla dal piede del generale Giuseppe Garibaldi. Questi era stato visitato dai più famosi chirurghi di quel tempo, ma a compiere l’operazione fu prescelto il nostro Zannetti. E ben a ragione, perché era allora stimato anatomico sommo, patologo espertissimo e diligente, sicuro e rapido nell’eseguire qualunque operazione (D. Mambrini, 1935).

Palazzo dell’Opera Madonnina del Grappa e Don Giulio Facibeni

Palazzo di probabili origini cinque-seicentesche che presenta una facciata decorata nel corso del Novecento con  alcuni motti della carità cristiana. All’interno un piccolo oratorio ed un  salone decorato con affreschi settecenteschi a grottesche. Per volontà di Teresa, sorella di Don Giulio Facibeni, l’edificio venne trasformato in una delle case dell’Opera Madonnina del Grappa di Firenze. Facibeni era nato a Galeata il 29 luglio 1884, da famiglia modesta. Venne richiamato alle armi nel 1916 come cappellano militare sul fronte dell’Isonzo e poi sul Grappa decorato con medaglia d’argento. Dopo la Guerra, nel 1924, inaugurò l’Opera della Divina Provvidenza “Madonnina del Grappa” per ospitare e assistere gli orfani di guerra (“è la famiglia dei senza famiglia e, insieme, la piccola chiesa missionaria adunata dalla carità in mezzo al rione operaio”). E’ Giusto fra le Nazioni per aver aiutato e salvato famiglie di ebrei nel corso della II Guerra Mondiale. Muore il 2 giugno 1958.

Palazzo del Podestà

Il Palazzo del Podestà è l’edificio più interessante del centro storico di Galeata. Anticamente era sede della Podesteria di Galeata, che governava su diciannove comunelli minori, come attestano gli stemmi superstiti dei Podestà inseriti nella facciata e il marzocco fiorentino in arenaria  (XV secolo) a forma di leone, che sorregge lo stemma civico. A fianco del palazzo si erge la torre campanaria con l’orologio, di cui si ha notizia fin dal XVII secolo. La parte alta termina con la cella campanaria coperta da una cupola a bulbo. Davanti alla torre era sistemata una antica croce viaria medievale che segnava l’inizio del sentiero devozionale che raggiungeva l’abbazia di S. Ellero (oggi sostituita da una copia mentre l’originale è esposto nella sezione medievale del Museo Mambrini).

Via Gallica (l’antica “via del chiasso”)

Dalla piazza a pianta triangolare si apre il selciato della via Gallica che raggiunge il fiume Bidente. Era l’antica via del Chiasso che partendo dal centro di Galeata, davanti al Palazzo del Podestà e alla croce viaria che segnava l’inizio della mulattiera che portava a Sant’Ellero, rappresentava il percorso più breve per raggiungere il fiume. Il toponimo “Chiasso” è probabilmente da associare al fiume per il rumore prodotto nei periodi di “piena”. Suggestiva anche l’ipotesi che fa derivare il nome Chiasso dal latino “classis” ossia quartiere militare, che in via ipotetica potrebbe essere in connessione con la presenza, poco a monte, della città romana di Mevaniola. Prima di giungere sulla sponda del fiume troviamo un lavatoio recentemente recuperato.

Fiume Bidente

Il fiume Bidente trae origine da tre torrenti che, scendendo dallo spartiacque appenninico, si uniscono nel territorio posto a monte di Santa Sofia. Ci riferiamo al Bidente di Corniolo, che è il più occidentale, a quello di Ridracoli (da segnalare in questo ramo la diga e il lago artificiale di Ridracoli) ed infine il Bidente di Strabatenza o Pietrapazza. Lungo il suo corso riceve diversi affluenti, fra cui sono da segnalare il torrente Suasia presso Civitella di Romagna e il Voltre. Superato Meldola, il Bidente prende il nome di Ronco e poi di Fiumi Uniti per sfociare nel mare Adriatico. Anticamente era conosciuto come Flumen Aquaeductus, perché dalla zona di Meldola partiva l’acquedotto che riforniva d’acqua Ravenna, costruito dall’imperatore Traiano all’inizio del II secolo d.C. e restaurato dal re Teodorico. L’antico sentiero del Chiasso è l’unico percorso che permettere di raggiungere il corso del Bidente dal centro di Galeata.

Piazza del Mercato (l’antico “campo dei buoi”)

Era il luogo in cui si svolgevano le fiere del bestiame. In un lato della piazza troviamo la casa Zannetti con la facciata decorata da belle decorazioni floreali degli anni Trenta del Novecento. Un tempo la piazza era il centro delle attività produttive e di svago del paese. Erano presenti laboratori artigianali, officine, botteghe, (si trovava persino un buon gelato) e il primo cinema muto. Nelle vicinanze vi era anche l’istituto tecnico inferiore “Rosa Maltoni Mussolini” (l’attuale caserma dei carabinieri). Di fianco alla piazza troviamo un giardino con la statua di don Facibeni.

Sentiero delle cellette

Si può raggiungere l’abbazia percorrendo a piedi il sentiero delle cellette (40 minuti circa di cammino), che costituisce  l’antica via che i pellegrini percorrevano da Galeata al monastero; il percorso ha inizio immediatamente a monte del vecchio campo sportivo di Galeata (l’attuale area feste) e si inerpica lungo il pendio con una serie di tornanti. Ricordi di antiche tradizioni rivivono nella memoria degli anziani quando riferiscono di cortei processionali durante i quali donne con messale e uomini vestiti di bianco incedevano  dietro grandi croci. Con il passare del tempo questo sentiero si è connotato sempre più come percorso liturgico, assumendo anche le funzioni di Via Crucis, con le quattordici stazioni definite dalla presenza di cellette ad edicola, edificate intorno alla metà dell’Ottocento su commissione delle principali  famiglie del tempo (Mambrini 1935 p.461). Verso la  conclusione del sentiero si incontra una colonnina con grande basamento. In questo luogo, secondo la tradizione, il cavallo del re Teodorico si fermò per intervento miracoloso ed avvenne l’incontro con il Santo Eremita.

L’abbazia di S. Ellero

L’abbazia di S. Ellero fu fondata presumibilmente alla fine del V inizi VI secolo da Ellero che, come ci narra la Vita del Santo, si ritirò a vita ascetica nell’alta valle del Bidente. A causa delle vicissitudini dei tempi e delle periodiche scosse sismiche, l’edificio che oggi ci appare è frutto della sovrapposizione di varie fasi costruttive e di numerosi restauri. L’interno è a navata unica e si conclude con un presbiterio sopraelevato e abside rettilinea. Da segnalare la facciata romanica (XI-XII secolo), in blocchi di arenaria, dominata dal portale con colonnine binate ornate da capitelli con figure di monaci e sirene. La parte più affascinante dell’edificio religioso è la cripta, all’interno della quale è conservato il sarcofago del Santo (fine VIII – inizi IX secolo), ornato da croci entro nicchie. Nell’angusto ambiente i pellegrini, in particolare nel mese di maggio, celebrano un rito salutare, legato alla magia della pietra che sana.