Quarta Tappa

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Il Parco archeologico di Mevaniola e della villa di Teodorico: Pianetto, la chiesa, il castello, il Museo Mambrini

L’itinerario:

L’ultima tappa del percorso è dedicata alla visita del borgo di Pianetto con le sue eccellenze storico-monumentali. La visita parte dal lavatoio, prosegue poi entrando nell’abitato per visitare la chiesa di S. Maria dei Miracoli e il convento dei Padri Minori di Pianetto in cui è allestito il Museo civico “Mons. Domenico Mambrini”. Di fronte alla chiesa di S. Maria parte il sentiero che conduce ai ruderi del castello medievale di Pianetto. La valle è punteggiata da ruderi di castelli e fortilizi, come ad esempio la torre difensiva di Poggio Galmino. Nel territorio transitavano inoltre pellegrini che dalla Germania arrivavano a Roma (Via Romea Germanica).

Gli approfondimenti

Pianetto

Pianetto è nato presumibilmente in epoca medievale lungo la strada che conduceva al castello. Gli edifici che si affacciano sulla via sono databili in prevalenza al XVII-XVIII secolo. Da segnalare il lavatoio all’ingresso del paese, l’antico palazzo Versari con lo stemma della famiglia e la piccola piazzetta posta di fronte alla chiesa di S. Maria dei Miracoli, realizzata nel 1884, a forma di semicerchio, con una zampillante fontana centrale, e doppia salita che si congiunge al sentiero per il castello medievale.

Chiesa di S. Maria dei Miracoli

La chiesa di S. Maria dei Miracoli fu edificata nel 1497 per il miracolo avvenuto in un’abitazione di Pianetto, quando una tavoletta, raffigurante la Madonna, fu vista piangere e versare dal seno gocce simili al latte. La facciata dalle linee architettoniche rinascimentali, in blocchi d’arenaria, ha rappresentato nei secoli una sorta di “diario della comunità”, in cui incidere eventi storico e di vita quotidiana. L’edificio è dominato internamente da un tempietto, sorretto da colonne con capitelli corinzi, che si estende verso il centro dell’unica navata, in cui è venerata la tavoletta   miracolosa (fine XIV-inizi XV secolo), raffigurante la Vergine con il Bambino e Santi. Il tempio conserva prestigiose opere pittoriche del XVI e XVIII secolo, fra cui una Visitazione del pittore fiammingo Giovanni Stradano del 1599, che raffigura la Visitazione di Maria a S. Elisabetta, qui rappresentare entrambe incinte e, ai lati, S. Francesco e S. Ambrogio. Pregevole l’affresco con Deposizione della croce (XVI secolo) di Scuola Vasariana, così come sono degni d’interesse un’Annunciazione e i Santi Caterina, Giovanni Battista e Antonio del 1527, due tele settecentesche del pittore ferrarese Giuseppe Ghedini (un S. Giuseppe da Copertino) e un’opera con i Santi Agostino, Bonaventura e Chiara. Di straordinario pregio, inoltre, le decorazioni in arenaria con insegne e stemmi gentilizi. Il campanile della chiesa di S. Maria dei Miracoli, dalle belle linee rinascimentali, secondo la tradizione fu progettato da Bartolomeo Ammannati. Il Mambrini ci racconta che un piccolo ambiente, posto alla base del campanile, era chiamato dal popolo “la prigione dei frati”, dal momento che i religiosi vi venivano imprigionati per espiare qualche peccato commesso. Di fianco alla chiesa sorge il convento dei Padri Minori (sede del museo civico) con il bel chiostro visibile dalla via principale.

Il castello di Pianetto

Il Cardinale Anglico nel 1371 così descrive il castello di Pianetto: “è in una costa sopra una altissima ripa, sopra il fiume acquedotto, è sulla strada che va in Toscana”. Nel XIII sec. apparteneva ai conti Guidi, per passare poi nelle mani dei fiorentini. Il dominio e l’influenza degli abati di Sant’Ellero sono comprovati dall’elezione, avvenuta nel 1316, dell’abate di S. Ellero nella chiesa di S. Maria del castello di Pianetto. La struttura attualmente visibile si compone di una cinta muraria (più di 300 metri) con salienti difensivi. Due le porte di penetrazione: una a Nord, di cui si riesce a ricostruire la struttura originaria osservando l’edificio riadattato a casa rurale con grande arco; l’altra a Sud, dominata da un possente torrione semicircolare in cui vi è la cisterna per la raccolta delle acque. Al centro si erge possente il mastio a base quadrangolare di 5 metri di lato ed un’altezza di circa 10 metri.

Il chiostro e il convento dei Padri Minori di Pianetto

Annesso alla chiesa di S. Maria dei Miracoli fu costruito nel corso del Cinquecento un convento “che era abitato da frati, peraltro irrequieti, come testimonia il rimprovero mosso da Mons. Ragazzeno nel 1573 (“non osservano la clausura e non sono ben visti dalla popolazione”) … Nel settembre del 1683 fu ospite del convento il cardinale Orsini, come testimonia l’iscrizione in latino sulla facciata della chiesa. “Orsini fu poi papa col nome di Benedetto XIII. Quando passò da Pianetto era giovanissimo. Contava 34 anni” (Mambrini 1935, p. 437). I frati abbandonarono il convento il 28 ottobre 1803, in seguito al decreto di soppressione emanato da Pietro Leopoldo il 31 marzo 1783. All’inizio degli anni ’80 del Novecento il Comune di Galeata ha acquisito il complesso e sono iniziati i restauri (da segnalare l’intervento nel chiostro, in precedenza completamente tamponato). Dal 2004 è la sede del Museo Mambrini.

Il museo civico “Mons. Domenico Mambrini”

Il museo ha sede nel convento dei Padri Minori di Pianetto, nei pressi dell’area archeologica della città romana di Mevaniola. Reperti di varie epoche testimoniano l’antichissima storia del territorio di Galeata: lo splendore della città umbro-romana di Mevaniola, la raffinata ed elegante villa di Teodorico, la solitaria Abbazia di S. Ellero, il castello di Pianetto. Gli oggetti vengono esaltati nella cornice conventuale che li ospita in un continuo dialogo con gli spazi e con le sobrie linee dell’architettura rinascimentale di impronta toscana. Il Museo è diviso in due sezioni, una archeologica e l’altra storico-artistica.

La sezione archeologica si snoda a partire dalla collezione di Mons. Domenico Mambrini (1879-1944), fondatore del museo e collezionista di antichità. Da qui inizia un percorso dedicato ai siti archeologici del territorio, con i rinvenimenti pre-protostorici; si passa poi alla sala delle città romana di Mevaniola in cui spiccano la magnifica chiave onoraria a testa di cane e la commovente stele funeraria di Rubria Tertulla. Il percorso prosegue con la tardo antichità e il Medioevo, i cui reperti più prestigiosi sono il rilievo raffigurante il leggendario incontro fra il Santo Ellero e il re degli ostrogoti Teodorico e la statua-colonna raffigurante l’Infanzia di S. Nicolò.

Infine, nella sezione storico-artistica sono conservate opere in cui si percepisce la cifra stilistica fiorentina. Da segnalare lo stemma nobiliare in pietra serena attribuito a Desiderio da Settignano e gli affreschi provenienti dalla chiesa del Pantano. Il Museo propone ai visitatori un ricco programma di eventi, laboratori e attività didattiche per le scuole e per gli adulti che permettono di avvicinarsi in maniera dinamica e partecipativa all’archeologia e all’arte antica.

Alcuni reperti e opere artistiche del Museo:

(1) Idoletto egizio

La piccola statuetta in terracotta faceva parte della collezione di mons. Domenico Mambrini, raffigura Iside con in braccio Horus.

(2) Chiave di Mevaniola

Pezzo unico dell’Italia romana, è una chiave con il corpo in ferro e l’impugnatura in bronzo a testa di cane (I sec. d.C). E’ stata rinvenuta nel sito di Mevaniola all’inizio degli anni Cinquanta in un’area prossima al foro della città. Probabilmente era un oggetto simbolico (la chiave della città) anche se recenti studi non escludono l’effettivo utilizzo come chiave di un edificio pubblico o religioso.

(3) Stele funeraria di Rubria Tertulla

Stele sepolcrale di Rubria Tertulla (prima metà III secolo d.C.), in cui, nel carme finale, si esaltano i valori familiari della giovane domina, morta a 20 anni 4 mesi e 4 giorni. L’epigrafe è state reimpiegata nell’XI secolo, come attesta una iscrizione medievale.

(4) Statua-colonna raffigurante l’infanzia di S. Nicolo’

Statua romanica (XI-XII secolo), che faceva parte della decorazione scultorea del complesso monastico di S. Ellero (forse del chiostro). La statua si riferisce ad un momento della vita di S. Nicolò (S. Nicola di Bari) che fin da tenerissima età dimostrò uno spirito caritatevole digiunando ed cibandosi solamente dal seno destro della madre.

(5) Rilevo dell’incontro fra S. Ellero e Teodorico

Rilievo che raffigura l’incontro-scontro fra il re Teodorico e il Santo: da una parte Ellero nella sua ieratica compostezza, dall’altra il re goto sul cavallo quasi inginocchiato di fronte al santo. Il rilievo, composto da lastre realizzate in due periodi differenti, presenta  un’iscrizione che riprende la vicenda raccontata dalla Vita di S. Ellero.

(6) Stemma in pietra attribuito a Desiderio da Settignano (1450 circa)

Splendida opera in pietra in cui sono raffigurati due angeli che sorreggono, entro una raffinata ghirlanda, uno stemma. Fu utilizzato nel 1811 dalla Comunità di S. Sofia per elaborare il proprio stemma civico.

(7) “Vanitas” – Due olio su tela di pittore Anonimo della fine del XVII secolo

Splendide opere pittore seicentesche raffiguranti una serie di elementi simbolici: il teschio, i tulipani, la candela che rimandano alla caducità della vita terrena.

(8) Affreschi dalla chiesa di S. Maria al Pantano

Affreschi di iconografia mariana provenienti dalla chiesa del Pantano. L’affresco trecentesco che raffigura la Madonna dell’Umiltà risente di influssi giotteschi, mentre quelli del Quattrocento sono da attribuire alla scuola del Ghirlandaio.

Torre Bonini o di Poggio Galmino

Si tratta dell’antico castello medievale di Montevecchio di Tedalasia, di cui attualmente rimane la torre difensiva a base quadrangolare, detta torre Bonini o di Poggio Galmino. La struttura doveva essere particolarmente importante per la sua posizione che permette un controllo di tutto il territorio della valle del Bidente. E’ situata nei pressi di un percorso utilizzato dai pellegrini che si recavano a Roma.

La via Romea Germanica

La storia narra come nel 1236 Alberto di Stade, abate del monastero benedettino di Santa Maria di Stade, volesse introdurre una regola ecclesiastica più rigida di quella vigente nel monastero e a questo scopo avesse intrapreso un viaggio verso Roma per ottenere il permesso di Papa Gregorio IX. Le vicende successive, l’accettazione del Santo Padre per la nuova regola ecclesiastica ma il secco rifiuto della sua attuazione da parte dei potentati locali, convinsero l’abate Alberto a dimettersi dal suo ruolo e ad entrare nel convento dei Frati Minori di San Giovanni di Stade. Qui Alberto si dedicò alla scrittura dei cosi detti Annales, una cronaca in lingua latina degli avvenimenti più importanti del suo tempo, i quali comprendevano al loro interno anche un dialogo tra due monaci, Tirri e Firri, a proposito delle migliori vie di pellegrinaggio da percorrere per raggiungere Roma: ovvero un espediente letterario molto intelligente per consentire ad Alberto di descrivere con precisione il proprio viaggio verso Roma, con tutti i luoghi di sosta e le indicazioni esatte sulla lunghezza delle singole tappe. Nasceva cosi nel XIII secolo l’itinerario Romeo Germanico, o Via Romea dell’Alpe di Serra (come fu comunemente chiamata da pellegrini e viandanti) che nel tempo divenne la via d’elezione grazie alle quale i popoli del centro nord Europa raggiungevano in pellegrinaggio Roma, ma anche l’itinerario attraverso il quale i re e gli imperatori sassoni, oltre che i sovrani svevi, mantenevano i loro legami con la città eterna.

Grazie al recupero dell’Associazione Via Romea Germanica, oggi questo antico itinerario conta – da Stade (Germania) fino a Roma – ben 1022 km e circa 97 tappe, dettagliatamente descritte sul sito ufficiale del cammino (www.viaromeagermanica.com), insieme a tutte le indicazioni di possibile interesse come il dislivello delle singole tappe e la possibilità di percorrere tratti in bici. La Via Romea Germanica entra nel territorio dell’Emilia Romagna guadando il fiume Po nella provincia di Ferrara, da cui è possibile intraprendere alcune varianti alla via come Ferrara-Argenta, Ferrara-Ro, Ferrara-Ostellato e Ferrara-Pomposa. La via passa poi per il territorio ravennate e, una volta arrivata ai rilievi appenninici, sale verso Bagno di Romagna e il passo Serra, da cui ridiscende poi verso la città di Arezzo e Roma. Le tappe nella valle del Bidente sono: Forlì-Cusercoli (8^ tappa), Cusercoli-Santa Sofia (9^ tappa) – Santa Sofia-Bagno di Romagna (10^ tappa).