L’itinerario:
L’itinerario storico-archeologico di Galeata parte dal sito della villa di Teodorico, una elegante residenza tardoantica edificata fra a fine del V e l’inizio del VI secolo d.C. Nelle vicinanze è presente la chiesa romanica di S. Maria del Pantano. Proseguendo in direzione di Galeata si incontra la borgata della Maestà. Da qui è possibile raggiungere in macchina l’abitato di S. Zeno (da segnalare, nelle campagne, la torre di Monte Erno e i ruderi della pieve di S. Zenone) oppure andare in direzione Sud, per entrare nel centro storico di Galeata, percorrendo i portici di via IV Novembre (“il borgo di sotto”) fino a giungere alla chiesa parrocchiale, la pieve di S. Pietro in bosco.
Gli approfondimenti
La villa di Teodorico
Nel 1942 un gruppo di studiosi dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma mise in luce i resti di una struttura, in realtà assai modesta, che venne identificata con il palazzo di caccia del re Teodorico.
Leggenda e storia s’intrecciano nell’antico codice che racconta la Vita di Sant’Ellero in cui si narra che Teodorico si fece costruire un palazzetto di caccia, imponendo forzatamente agli abitanti la collaborazione: “In quel tempo il re Teodorico venne per costruirsi un palazzo sotto quello stesso monte, sopra il fiume Bidente, e aveva stabilito molte corvées per le popolazioni vicine”.
Dal 1998 sono ripresi gli scavi da parte del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna che hanno individuato sia strutture romane che teodoriciane.
In particolare per il periodo teodoriciano (fine V – VI secolo d.C.) è stato scoperto un elegante quartiere termale pertinente ad una estesa e ricca residenza signorile con funzioni di controllo territoriale sull’alta valle del Bidente. Le ricerche hanno portato alla luce gli spazi canonici delle terme romane, con la successione di ambienti riscaldati artificialmente (calidarium e tepidarium) e di ambienti freddi (frigidarium).
Le eleganti sale decorate con mosaici pavimentali e parietali e con lastre di marmi preziosi, illuminate da grandi vetrate, la ricca presenza dell’acqua nelle vasche, nelle fontane, nella grande piscina che ornava la grande corte lastricata ci restituiscono l’immagine di una vita fatta di agi, di passeggiate, di conversazioni, di letture di classici greco – latini, di giochi: la piena incarnazione dell’ideale dell’otium.
Negli ultimi anni le ricerche archeologiche, condotte dall’Università di Parma, hanno portato alla luce, oltre a strutture riferibili all’età romana repubblicana ed imperiale, alcuni ambienti, pavimentati con splenditi mosaici policromi, riferibili alla parte residenziale e di rappresentanza della villa.
La chiesa di S. Maria al Pantano
Piccola chiesa in stile romanico, anticamente unita ad un convento di Agostiniani di cui si ha memoria fin dal IX secolo (le prime notizie dell’edificio religioso risalgono al 1295, anno della sua consacrazione).
Presenta un semplice facciata in blocchi d’arenaria, ingentilita dal pregevole portale romanico con capitelli a foglie di acanto accartocciato.
Dalla chiesa provengono gli affreschi del Trecento e del Quattrocento di iconografia mariana, oggi esposti nella sezione storico-artistica del museo civico “Mons. Domenico Mambrini”. In particolare un pannello databile intorno al 1330 che raffigura la Madonna dell’Umiltà (la Vergine seduta su un cuscino che allatta Gesù) ed in cui si colgono nelle figure un’influenza giottesca.
La borgata della Maestà
Piccola borgata, attualmente divisa dalla strada del monte delle Forche che conduce a S. Zeno, trae presumibilmente il suo toponimo da un antico tabernacolo contenente un’immagine religiosa. Solitamente questi monumenti venivano posti in un crocevia; in effetti l’abitato si trova nel punto in cui si uniscono le strada che porta alla valle del Rabbi con la strada del Pantano.
In questo luogo troviamo un piccolo edificio, oggi sconsacrato, di cui abbiano notizia dal 1596. Alla fine del Settecento questo oratorio era chiamato S. Maria della Neve alla Maestà ed apparteneva al convento dei Padri Minori di Pianetto.
San Zeno
Borgata nella valle del Rabbi, nel Comune di Galeata. “Il luogo aveva un’importanza strategica in quanto costituiva una tappa d’obbligo nel percorso Firenze-Rimini”. Infatti in una nota del 1402 i sei consiglieri della Mercanzia della città di Firenze consigliano a Rinaldo di Messer Maso degli Albizi, diretto a Rimini, di passare da S. Zeno (P. Bolzani, “Idea di Galeata”, 1997). Nelle vicinanze troviamo i ruderi della pieve di S. Zenone e i resti del castello (Castrum Sancti Zenonis), di cui oggi rimangono alcune strutture murarie e la torre rimaneggiata nel corso dei secoli.
La Pieve di S. Zenone a San Zeno
La pieve di S. Zenone è di origini antichissime, probabilmente trecentesche, e nel tempo ha goduto di notevole importanza, dal momento che dipendevano da essa le parrocchie di San Mamante alle Chiesuole e quella di San Lorenzo a Porcentico, e al suo fonte battesimale si portavano i neonati delle parrocchie di Pettola e Santa Marina.
Era dotata di arredi sacri di grande valore, come il crocifisso smaltato, ora conservato presso la Diocesi, realizzazione tipica della produzione limosina del XIII secolo. La dedicazione della Pieve a San Zeno ne è, forse, da mettere in relazione con un reliquiario d’argento contenente un dito del santo.
La chiesa di San Zenone attualmente presenta una facciata tripartita che è frutto dei lavori di restauro del 1925, in seguito ai gravi terremoti degli anni precedenti.
La facciata è in discrete condizioni, così come il campanile risalente all’anno 1891, su cui continua a svettare la banderuola, che di tutta la struttura è la parte meglio conservata, ma l’edifico è privo di copertura e un muro perimetrale è crollato.
Isolata nella campagna silenziosa, la chiesa ispira la poesia dolce e malinconica che la visione delle rovine infonde nell’osservatore.
La torre di Monte Erno a S. Zeno
Presso S. Zeno si eleva Monte Erno (…). Sulla cima del Monte, da cui si gode di un’ampia vista verso tutte le direzioni, sorgeva un castello, il Castrum Sancti Zenonis, soggetto nel 1239 al Monastero di S. Benedetto in Alpe e nel 1439 all’Abbazia di S. Ellero. Della fortificazione rimangono tracce di fondazione dei muri e del mastio. Attualmente si trova una torretta con funzione di colombaia, probabilmente un lacerto castrense ampiamente rimaneggiato, e due case coloniche poste in prossimità dell’accesso a valle del fortilizio” (P. Bolzani, “Idea di Galeata”, 1997).
La torretta, di proprietà privata, conserva al suo interno una piccola collezione etnografica di oggetti della tradizione contadina.
Via IV Novembre “il borgo di sotto”
Caratteristica via porticata di origini medievali, che termina nel piccolo piazzale posto di forte alla chiesa parrocchiale di S. Pietro in bosco. Sulla via si affacciano antichi edifici in stile toscano dalle facciate intonacate a vari colori.
Da segnalare all’attuale n. 17 la casa che diede i natali nel 1884 a don Giulio Facibeni, fondatore a Firenze dell’Opera Madonnina del Grappa e al n. 11/A l’edificio che fu sede della curia abbaziale di S. Ellero con l’archivio e le prigioni per il clero, che conserva nella facciata lo stemma dell’abate commendatario di S. Ellero dal 1602 al 1621: Pietro Aldobrandini.